mercoledì 13 luglio 2011

Malatissima

La febbriciattola della settimana scorsa, che dopo poco se n'era andata è tornata lunedì con ancora più forza. Con così tanta forza che io, refrattaria ad andare dal medico e ad assumere medicine, sono dovuta andare alla guardia dell'ospedale e ho iniziato a prendere antibiotici. Una febbre di 39.4° non si può ignorare. Eccomi quindi ad affrontare la prima malattia argentina.
L'esperienza dell'ospedale di clinica è qualcosa di molto, ma molto forte. La salute è un diritto imprescindibile, qui, quindi in qualunque caso ti curano. Sia che tu abbia o no il DNI, che sia bianco, nero o verde, che tu abbia soldi o meno. Questa ultima caratteristica, se hai o no denaro, solo ti permette l'accesso ad una classe migliore di clinica. Ovvio. In questo aspetto tutto il mondo è paese.
I corridoi ampi, poco illuminati... il classico color beige, con addosso un velo uniforme di polvere. Polvere di Baires. Tanta e costante. Lo notavo quando pulivo i tavoli al BudaBar, solo una notte e già erano pieni di polvere, scura, nera, sporca. Ma questa non è una caratteristica solo di Baires ma di tutte le grandi metropoli.
Camminando per i corridoi arrivi ad una sala d'aspetto nel settore urgenze, sei panche di legno fissate al suolo, come un vagone dei trenini, solo che guardi sempre avanti, o come una chiesa dove cantano gospel. Panche di legno e attesa. Lunga attesa. Siccome non ero grave (e per fortuna) ho dovuto aspettare quattro ore. Ringrazio la pazienza di Alida che è rimasta con me fino alla fine. Quattro ore lunghe, quattro ore per osservare le barelle con la gommapiuma che fuoriesce e che mi spieghino loro che fanno a "disinfettare" la gommapiuma. Ascensori con assi di legno a bloccarne l'accesso. Finestre aperte in concomitanza di aperture sul soffitto, con l'obiettivo di aerare qualcosa, chissà cosa non funziona più che serviva a ciò?
Quando mi chiamano, ci dirigiamo nella parte di attenzione. 
Vediamo cose fuori da qualsiasi condizione ospedaliera a cui siamo abituati. In questo momento ti rendi conto che non è più primo mondo. 
Tende divisorie con macchie che è meglio non sapere di cosa fossero... letti con lenzuola sporche di sangue, lasciati lì in bella vista...
Nel centro della sala un bancone di acciaio, simile a quello di un bar, con varie cose sopra... tamponi, garze, pinze... Il tutto sembrava il bancone di una carrozzeria, e poi gente in camice, tanta troppa gente e fogli e confusione. Mah, ancora mi chiedo come ci si ritrovino in tutto quel casino. Il massimo è stato il dottore che per illuminarmi la gola ha usato la luce del cellulare.
Fatta la visita e ordinati gli antibiotici inizia la seconda odissea: trovare un farmacista in grado di leggere la ricetta. Mica una cosa facile, para nada... solo al terzo tentativo (e grazie a Carlo che mi ha aiutata) siamo riusciti a recuperare gli antibiotici giusti.

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